Dopo aver violato al ribasso i supporti (minimi) di ottobre, Wall Street, con un potente rally, inverte la rotta e chiude in forte rialzo. Che frustata!
La molla del rimbalzo cui si è assistito ieri in Piazza Affari è un'impressione. E cioè che il maxi-deleverage degli ultimi due mesi stia attraversando una fase di stanca. Le vendite forzate dai riscatti, dalla necessità di chiudere posizioni, di fare cassa, di restituire finanziamenti hanno lasciato il passo, per una volta, alla voglia di rimbalzo. Che in sè non ha nulla di irrazionale.
Tutti gli indicatori dicono che è l'ora di comprare, sostiene Morgan Stanley che, per la terza volta in meno di un mese cerca di esorcizzare il fantasma dell'Orso con un richiamo alla realtà. «È la peggior crisi degli ultimi quarant'anni – ammette l'ultimo report della banca d'affari statunitense – ma a quotazioni ridotte nella media a otto volte gli utili, le cattive notizie sono già nei prezzi».
Quello che gli addetti ai lavori chiamano "ipervenduto" è a livelli stellari, le valutazioni sono ai minimi da 25 anni, i prezzi delle materie prime scendono, i tassi pure, la mina vagante della possibile liquidazione dei possessi azionari di Romain Zaleski per il momento è stata disinnescata. E il contesto generale, magari un po' artificialmente, magari solo temporaneamente, è migliorato. I fondi comuni che, oberati dai riscatti nelle scorse settimane, hanno sottopesato alla grande il loro portafoglio azionario, oggi non possono permettersi di restare fuori dal rally, duri quel che duri, e così sono corsi a comprare perchè il 10% o il 20% di guadagno in pochi giorni può fare la differenza sulle performance e arginare le richieste di rimborso della clientela.
La volatilità però in Piazza Affari è ancora esasperata e puntare sui singoli titoli è come giocare un numero alla roulette. Di conseguenza la voglia di rimbalzo si è sfogata soprattutto sui future sull'indice e di acquisti "veri" sul cash in Borsa se ne sono visti pochi. Si spiega così perché il rialzo del listino sia stato pressoché corale: quando il future si stacca dal sottostante, intervengono gli arbitraggisti che vendono i contratti a termine per acquistare le azioni.
Tuttavia qualche intervento selettivo si è notato e la logica sembra essere quella di pescare nel mucchio dei titoli più massacrati dai ribassi delle ultime settimane. L'esempio più clamoroso? UniCredit, che ieri ha messo a segno un recupero di quasi il 20 per cento.
Gli analisti tecnici avevano segnalato che il titolo di Piazza Cordusio si stava avvicinando a grandi passi alla soglia di 1,6 euro, che a detta dei graficisti, costituisce un supporto granitico, mentre il rapporto tra le quotazioni di UniCredit e quelle di Intesa Sanpaolo era arrivato ai minimi di sempre. Guarda caso, tra le blue chip nostrane, UniCredit era anche quella che aveva perso di più negli ultimi due mesi, tant'è che, nonostante l'impressionante rimbalzo di ieri, il recupero dai minimi di una settimana fa è ancora inferiore alla media del listino. 5 novembre 2008
1 commento:
La spinta al rally parte dai futures
La molla del rimbalzo cui si è assistito ieri in Piazza Affari è un'impressione. E cioè che il maxi-deleverage degli ultimi due mesi stia attraversando una fase di stanca. Le vendite forzate dai riscatti, dalla necessità di chiudere posizioni, di fare cassa, di restituire finanziamenti hanno lasciato il passo, per una volta, alla voglia di rimbalzo. Che in sè non ha nulla di irrazionale.
Tutti gli indicatori dicono che è l'ora di comprare, sostiene Morgan Stanley che, per la terza volta in meno di un mese cerca di esorcizzare il fantasma dell'Orso con un richiamo alla realtà. «È la peggior crisi degli ultimi quarant'anni – ammette l'ultimo report della banca d'affari statunitense – ma a quotazioni ridotte nella media a otto volte gli utili, le cattive notizie sono già nei prezzi».
Quello che gli addetti ai lavori chiamano "ipervenduto" è a livelli stellari, le valutazioni sono ai minimi da 25 anni, i prezzi delle materie prime scendono, i tassi pure, la mina vagante della possibile liquidazione dei possessi azionari di Romain Zaleski per il momento è stata disinnescata.
E il contesto generale, magari un po' artificialmente, magari solo temporaneamente, è migliorato. I fondi comuni che, oberati dai riscatti nelle scorse settimane, hanno sottopesato alla grande il loro portafoglio azionario, oggi non possono permettersi di restare fuori dal rally, duri quel che duri, e così sono corsi a comprare perchè il 10% o il 20% di guadagno in pochi giorni può fare la differenza sulle performance e arginare le richieste di rimborso della clientela.
La volatilità però in Piazza Affari è ancora esasperata e puntare sui singoli titoli è come giocare un numero alla roulette. Di conseguenza la voglia di rimbalzo si è sfogata soprattutto sui future sull'indice e di acquisti "veri" sul cash in Borsa se ne sono visti pochi. Si spiega così perché il rialzo del listino sia stato pressoché corale: quando il future si stacca dal sottostante, intervengono gli arbitraggisti che vendono i contratti a termine per acquistare le azioni.
Tuttavia qualche intervento selettivo si è notato e la logica sembra essere quella di pescare nel mucchio dei titoli più massacrati dai ribassi delle ultime settimane. L'esempio più clamoroso? UniCredit, che ieri ha messo a segno un recupero di quasi il 20 per cento.
Gli analisti tecnici avevano segnalato che il titolo di Piazza Cordusio si stava avvicinando a grandi passi alla soglia di 1,6 euro, che a detta dei graficisti, costituisce un supporto granitico, mentre il rapporto tra le quotazioni di UniCredit e quelle di Intesa Sanpaolo era arrivato ai minimi di sempre. Guarda caso, tra le blue chip nostrane, UniCredit era anche quella che aveva perso di più negli ultimi due mesi, tant'è che, nonostante l'impressionante rimbalzo di ieri, il recupero dai minimi di una settimana fa è ancora inferiore alla media del listino.
5 novembre 2008
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